L'affondamento del piroscafo "Principe Umberto"
di Marco Valeriani –
Centosette anni fa, viene scritta una delle pagine più dolorose della Prima Guerra Mondiale.
La nave tricolore, con a bordo 2.605 militari del Regio Esercito – 2.445 uomini di truppa, 75 sottufficiali, 58 ufficiali, 2 ufficiali della Regia Marina, 25 marinai della Regia Marina, 260 persone fra equipaggio e Stato Maggiore borghese – non ha alcuna possibilità di scampo: cola a picco in appena sette minuti, trascinando sul fondo il suo tragico carico di giovani vite.
Colpita a poppa dal siluro di un sommergibile nemico – l’U-5 comandato dal Tenente di Vascello Friedrich Schlosser – nell’inabissarsi, a seguito dell’esplosione, causa la morte di ben 1.926 uomini (‘salvano la pelle’ in 895) così ripartiti: Stato Maggiore ed equipaggio, 68; Regia Marina compreso il Tenente Medico, 8; Personale del Regio Esercito imbarcato, ufficiali, 51; Personale del Regio Esercito imbarcato, sottufficiali e truppa, 1.811; non identificati, 12 (fonte Ufficio Storico Marina Militare, ndr).
Tra le 1.926 vittime, tredici di queste sono soldati del 55° Fanteria “Brigata Marche” provenienti da Rimini e dalla provincia, Valconca (San Clemente, Saludecio, Montefiore Conca, Morciano di Romagna) compresa.
Nella ricostruzione dell’elenco dei caduti – grazie al prezioso materiale, frutto di accurate ricerche, messo a disposizione da Silvia Musi di Pietri Grande Guerra a cui va la nostra personale riconoscenza – troviamo: Agostino Baschetti (Coriano), Agostino Grassi (Coriano), Agostino Guiducci (Coriano), Mario Pasini (Misano in Villa Vittoria), Domenico Casadei (Mondaino), Luigi Giovanelli (Montefiore Conca), Domenico Antonio Bartolini (Morciano di Romagna), Pasquale Giacomo Pioppi (Rimini), Michele Signorini (Rimini), Battista Ciotti (Saludecio), Agostino Cecchini (San Clemente), Achille Delprete (San Clemente), Nazzareno Tiraferri (Verucchio), Lazzaro Ghinelli (Rimini).
PER QUALE MOTIVO IL PIROSCAFO “PRINCIPE UMBERTO” NAVIGA IN ACQUE ALBANESI?
Il piroscafo “Principe Umberto” si trova in acque albanesi perché sta riportando a Taranto il 55° Fanteria “Brigata Marche”; fanteria che dal febbraio 1916 è impegnata sul fronte albanese, contribuendo non poco alla grande azione di salvataggio dell’allora esercito serbo (sostegno assicurato a più riprese tra il dicembre 1915 e l’aprile 1916). Il 55°, unitamente al 56°, deve al più presto fare “rientro in Patria” così da assicurare, dietro ordine del Generale Luigi Cadorna, rinforzi immediati sull’Isonzo. E se il 56° arriva quasi per intero sano e salvo, il 55° incappa nel drammatico attacco del sottomarino austroungarico.
Il “Principe Umberto” salpa dalla città di Valona alle ore 19 dell’8 giugno 1916 insieme ad un’altra imbarcazione: il piroscafo “Ravenna”.
Del convoglio navale fanno parte: l’esploratore Libia, il piroscafo “Principe Umberto”, il piroscafo “Ravenna”, il cacciatorpediniere “Impavido”, il cacciatorpediniere “Insidioso”, il cacciatorpediniere “Pontiere”, il cacciatorpediniere “Espero” e, se non stiamo cadendo in un grossolano equivoco, il piroscafo “Ionio”.
Naviga alla velocità di 16 miglia e accenna ancora ad aumentare, quando alle 20.45, a 15 miglia per Sud Ovest da Capo Linguetta, è centrato all’altezza delle caldaie da un siluro (il primo va a vuoto, ndr) lanciato dall’U-5 che incrocia proprio in quel tratto di mare.
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